#settimanapolitica2M

Termina l’era di Jean Claude Juncker e inizia a Bruxelles quella di Ursula Von Ver Leyen. E allo stesso tempo termina l’era di Donald Tusk e inizia quella di Henry Michel. Inizia infatti domenica 1° dicembre 2019, dopo il voto favorevole del Parlamento Europeo alla squadra della nuova Commissione Europea guidata dall’ex ministro della difesa […]

#settimanapolitica2M

Termina l’era di Jean Claude Juncker e inizia a Bruxelles quella di Ursula Von Ver Leyen. E allo stesso tempo termina l’era di Donald Tusk e inizia quella di Henry Michel. Inizia infatti domenica 1° dicembre 2019, dopo il voto favorevole del Parlamento Europeo alla squadra della nuova Commissione Europea guidata dall’ex ministro della difesa […]

Termina l’era di Jean Claude Juncker e inizia a Bruxelles quella di Ursula Von Ver Leyen.

E allo stesso tempo termina l’era di Donald Tusk e inizia quella di Henry Michel.

Inizia infatti domenica 1° dicembre 2019, dopo il voto favorevole del Parlamento Europeo alla squadra della nuova Commissione Europea guidata dall’ex ministro della difesa tedesca, l’attività di quella che possiamo definire cautamente la “squadra di governo” di cui l’Unione Europea è dotata da almeno quattro decenni, in abbinamento ad un europarlamento eletto dai corpi elettorali delle nazioni aderenti alla stessa.

I riflessi per l’Italia e per il mondo politico italiano dal lavoro di questa nuova Commissione ( che al suo interno, vanta per il dicastero degli affari economici la figura dell’ex presidente del consiglio Paolo Gentiloni) non saranno lievi nei prossimi mesi. Da un approccio più o meno costruttivo verso le nostre politiche di bilancio da parte della Von Der Leyen dipenderà la possibilità per qualsiasi esecutivo in carica a Roma  di poter esercitare nuovamente una politica di sviluppo e di rilancio della nostra economia.

Per adesso quello che emerge dal discorso di insediamento della presidente tedesca è che si idealizza e si punta molto sul “Green New Deal” ma ancora rimane poco chiaro se qualsiasi investimento nei bilanci statali su questo tipo di settore verrà scomputato nella valutazione del calcolo del debito pubblico nazionale.

Spostandoci da Strasburgo a Firenze, troviamo nel nostro Paese un panorama politico abbastanza traumatizzato per le perquisizioni della Procura toscana verso coloro che hanno donato delle somme alla fondazione Open ( chiusa un anno fa), la struttura che ha organizzato le varie “Leopolde” di Matteo Renzi, alla ricerca di qualche prova di “traffico illecito di influenze”.

Senza entrare nei dettagli e senza prendere particolari posizioni, rimane da constatare che una azione del genere da parte della magistratura, non incoraggerà chi vorrà ( adeguandosi allo spirito della attuale legge sul finanziamento dei partiti in vigore dal 2014) donare in forma privata e trasparente delle somme ad associazioni, movimenti e forze politiche e che di fatto andrà a creare un effetto negativo, in prospettiva sulla esistenza stessa dei partiti.

Detto ciò, non si può non osservare come la proposta avanzata dal ministro degli esteri del governo Conte, il capo politico del M5S, Luigi Di Maio, di una commissione di inchiesta sul finanziamento ai partiti, non può non essere considerata valida se non rispetterà almeno il principio di un lavoro a 360 gradi che magari vada a chiarire per esempio, anche la natura di società a responsabilità limitata che operano e ricevono soldi da parlamentari del movimento guidato dall’esponente campano.

 Vi sono novità dalla manovra. A causa delle  tante critiche sollevate da alcuni provvedimenti, il governo ha deciso si mettere mano a due misure: La plastic tax e la tassa sulle auto aziendali verranno riformulate. Va registrata, inoltre, l’intenzione da parte di alcune forze politiche di chiedere la totale abolizione dalla plastic tax.

Oltre i vari emendamenti alla manovra ci sono anche quelli inerenti il decreto fiscale. Due in particolar modo surriscaldano gli animi, ovvero quelli che puntano a far finire in carcere chi commette reati tributari.

Confindustria, fa notare, che si tratta di un intervento ”iper repressivo”, che ha il solo effetto di moltiplicare le sanzioni. Indubbiamente il quadro normativo sulla questione inizia a risultare poco attrattivo per chi vuole investire nel nostro Paese e nei nostri mercati.

 

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