#settimanapolitica2M

La settimana politica appena passata si chiude con un ennesima serie di modifiche al Disegno di Legge sulla Stabilità, che a quanto sembra ( salvo eventuali colpi di scena sempre possibili fino alla approvazione finale) “spengono” molti degli aumenti di tassazione che all’inizio erano stati immaginati dalla Presidenza del Consiglio e in particolare da Giuseppe […]

#settimanapolitica2M

La settimana politica appena passata si chiude con un ennesima serie di modifiche al Disegno di Legge sulla Stabilità, che a quanto sembra ( salvo eventuali colpi di scena sempre possibili fino alla approvazione finale) “spengono” molti degli aumenti di tassazione che all’inizio erano stati immaginati dalla Presidenza del Consiglio e in particolare da Giuseppe […]

La settimana politica appena passata si chiude con un ennesima serie di modifiche al Disegno di Legge sulla Stabilità, che a quanto sembra ( salvo eventuali colpi di scena sempre possibili fino alla approvazione finale) “spengono” molti degli aumenti di tassazione che all’inizio erano stati immaginati dalla Presidenza del Consiglio e in particolare da Giuseppe Conte.

Su auto aziendali, sugar e plastic tax la formazione politica ispirata da Matteo Renzi, “Italia Viva” ha ottenuto effettivamente quasi tutto ciò che aveva richiesto. Li dove non è stato possibile annullarne l’introduzione vi è stato un rinvio alla fine dell’estate 2020, che sembra foriero di un possibile annullamento completo.

Su questa “vittoria” politica rivendicata a livello comunicativo dal partito di Teresa Bellanova ed Ettore Rosato, vi è stata una sorta di competizione interna ” a sinistra” espressa dal segretario del Partito Democratico, Nicola Zingaretti, che ha teso a rimarcare che non è una vittoria di una sola forza politica ma di tutto il Paese.

Chi rimane nel guado, metaforicamente parlando, è il Movimento Cinque Stelle e la leadership del Capo Politico ( e ministro degli esteri) Luigi Di Maio, che non riesce a “intestarsi” se non poche battaglie di principio in questa lunga campagna parlamentare che porterà alla approvazione della legge più importante dello Stato.

Per uscire da questo stato, Il leader grillino non ha esitato a impugnare la bandiera  degli “scettici” sul Meccanismo Europeo di Stabilità, il nuovo meccanismo previsto dall’Unione per affrontare in futuro l’avverarsi di situazioni di rischio default come quella accaduta in Grecia o quasi sfiorata in Spagna all’inizio di questo decennio. Questa posizione di Di Maio, ha fatto sì che ci fossero motivi di contrasto mediatico anche con il Premier in carica, espressione della scelta della sua forza politica, Giuseppe Conte. Il Primo ministro italiano ha infatti dovuto assumere un tono istituzionale per difendere comunque una accettazione italiana del MES effettuata già nel suo precedente dicastero, a guida congiunta Lega-M5S. sia per evitare che a Bruxelles si percepisse una sensazione di allarme sul mantenimento delle promesse del governo italiano, sia per fronteggiare il duo Salvini-Meloni che in Parlamento lo ha praticamente portato sul “banco degli imputati”, accusandolo di avere “svenduto” la salvezza dei conti correnti italiani.

Tra il 12 e 13 dicembre, molto probabilmente sapremo se il Regno Unito avrà deciso di confermare alla guida del Paese, Boris Johnson e il suo partito conservatore e soprattutto il suo accordo per una Brexit abbastanza netta raggiunto nel mese di ottobre con Juncker, che comunque salvaguardasse anche i diritti dei cittadini e delle imprese comunitarie sul suolo britannico. Non pare possibile dai sondaggi una rimonta laburista, anche per via della scelta di Jeremy Corbyn, di non esprimere di fronte al suo elettorato, una posizione chiara sul tema della permanenza o meno nella Ue.  Unico punto interrogativo che permane è se Johnson possa raggiungere una maggioranza assoluta e brexitiana o al contrario rischi di avere la necessità come Theresa May, di trovare qualche ulteriore appoggio da forze minori. Rimane da comprendere se il Partito Liberaldemocratico possa avere un successo superiore alle aspettative, come accadde nel lontano 2010, quando era guidato da Nick Clegg.

E’ inutile dire che la vicenda “Brexit” sia un elemento che continui ad aleggiare sulle vicende non solo della Unione Europea intesa come istituzione ma anche nella pluralità delle vicende politiche dei 27 governi nazionali. Il nostro Paese, ha un fronte sovranista con forti accenti anti-europei che continuano a permanere nonostante le nuove assicurazioni di Matteo Salvini di una presunta fedeltà all’Euro. Una vittoria netta di Boris Johnson e della sua idea di Brexit in tempi brevi potrebbe avere degli effetti non irrilevanti sulla opinione pubblica di centrodestra nel nostro Paese. Una sua “mezza vittoria” probabilmente riaprirebbe ipotesi di un secondo referendum e quindi di una possibile “sanatoria” della scelta anti-Ue del 2016.

Elementi di continuità e di garanzia sembrano essere stati messi sul tavolo da parte della Christine Lagarde, nella sua nuova veste di Presidente della Banca Centrale Europea durante la  sua audizione alla Commissione Affari economici e Monetari del Parlamento Europeo. La responsabile della istituzione di Francoforte, ha confermato che seguirà la linea del suo predecessore Mario Draghi, ovvero di fare “qualsiasi cosa sarà necessario” per la salvezza dell’Euro.

Questo pare un segno rassicurante sia per i mercati che per le istituzioni intergovernative.

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